Missione
Nello Statuto OAMI, all’art. 3 si legge : “….L’Associazione promuove l’assistenza morale e materiale delle persone fisicamente e psichicamente malate o impedite, disabili, disadattate, o comunque bisognose di accoglienza, in vista della loro promozione umana integrale, nella costante attenzione al messaggio del Vangelo e al Magistero della Chiesa Cattolica secondo le necessità dei tempi e dei luoghi.”
Che ne sarà di questi nostri figli quando non ci saremo più noi?
Questa è la domanda che ancora oggi si pongono i genitori di figli con disabilità ed è la stessa domanda che il fondatore dell’OAMI, Don Enrico Nardi , si fece negli anni ‘60 quando diede vita all’Opera Assistenza Malati Impediti (O.A.M.I.) – e a cui rispose proponendo la forma della CASA-FAMIGLIA come modalità di accoglienza residenziale per adulti non autosufficienti, una forma assolutamente originale ed innovativa in un momento in cui in Italia, a questo bisogno, si rispondeva con enormi strutture di ricovero come i cronicari, i manicomi, i ricoveri per lungodegenti, etc.…, e dove, spesso, la persona, individuata con un numero e non con il proprio nome, finiva per “coincidere” con la malattia perdendo la propria unicità, la propria identità.
Ed è proprio a queste persone– sole e non autosufficienti, colpevoli solo di avere un handicap così grave da non poter essere accudite nel proprio nucleo familiare – che all’inizio l’OAMI si rivolge con il desiderio di dare un ambiente il più simile ad una casa, per accoglierle con amore insieme alla loro disabilità fisica o psichica; di dare una casa priva di barriere architettoniche, dove potesse trovare meno ostacoli il loro handicap; di dare una struttura in grado di fornire le prestazioni socio-sanitarie necessarie, ma di dimensioni accettabili, dove, per questo, fosse più facile instaurare al suo interno, tra tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura e di assistenza, relazioni di tipo familiare, le sole in grado di rassicurare, curare, consolare, apprezzare, valorizzare … e per questo guarire, prima di tutto, le ferite dell’anima .
Nel 1961, del piccolo gruppo di amici che stilava lo Statuto dell’Associazione faceva parte anche un ingegnere minerario, colpito da una forma gravissima di sclerosi a placche.
Nell’archivio dell’OAMI, fra le prime bozze dello Statuto, è conservata una nota esplicativa della casa-famiglia, scritta proprio da questo amico malato:
“Le case-famiglia hanno, in comune con le altre opere, il fine principale di assistere chi è colpito dalla malattia invalidante. Ma se ne distinguono per un particolare fondamentale: il clima della famiglia. Essere un numero e basta fra tanti altri è un peso mortificante più di due gambe paralitiche. Ritrovarsi in un ambiente dove, sia per il numero limitato, sia per le caratteristiche del metodo, si è stimati, considerati ciascuno nella propria individualità, nei propri problemi, questo è sempre medicina efficacissima che oltrepassa il fisico e arriva all’anima”. Parole semplici, ma significative, e, a quei tempi, assolutamente nuove.
Nel 1964 a Piandiscò (AR), venne inaugurata CASA SERENA, la prima casa –famiglia OAMI e si dimostrò con i fatti che era possibile una forma di accoglienza ed assistenza alternativa per le persone con disabilità grave, una modalità che aveva come priorità una maggiore e migliore attenzione alla dignità della persona umana e alla sua specifica individualità. Una struttura la cui conduzione, proprio come nella famiglia reale, era caratterizzata dalla collaborazione di tutti i suoi membri, sani e malati, e soprattutto dalla condivisione fraterna, continuativa di chi si poneva alla guida della piccola comunità.
In un primissimo tempo la conduzione delle CASE OAMI venne affidata ad una “responsabile interna”, una persona che, facendo una scelta di vita, ne diventava il punto di riferimento al suo interno.
L’idea della casa-famiglia OAMI, che in seguito fu definita “formula di accoglienza geniale e umana”, inizialmente richiese molto coraggio e molti sacrifici, infatti fu infatti boicottata a più livelli perché giudicata antieconomica, utopistica, inutile, addirittura irriverente nei confronti dei grossi e benemeriti istituti di ricovero, quindi destinata a fallire.
Superate le difficoltà iniziali, invece, l’OAMI è riuscita a sopravvivere e, partendo dal cuore della Toscana, da Fiesole, seguendo passo passo i segni della Provvidenza, ha potuto portare un messaggio d’amore e di testimonianza in numerose altre parti d’Italia e ultimamente anche all’estero, in Brasile.
Ogni realizzazione è nata e nasce sempre per amore e crea nuovo amore.
Ogni casa-famiglia porta con sé una propria storia di solidarietà commovente.
Tutte le attività, infatti, sono state realizzate e si realizzano attraverso la generosità dei benefattori e vivono grazie all’impegno fattivo e responsabile dei Soci Effettivi.
L’OAMl, senza il volontariato, non sarebbe mai nata, né continuerebbe ad esistere.
Oggi l’OAMI gestisce, in molte regioni d’Italia, strutture di accoglienza residenziale per anziani non autosufficienti, strutture residenziali e strutture semiresidenziali per disabili.
Nel corso degli anni ,al modificarsi delle normative, nazionali e regionali, per poter prestare i propri servizi in regime di convenzione con gli enti pubblici , l’Opera ha dovuto modificare l’organizzazione del lavoro pensata originalmente, affiancando alla Responsabile OAMI le figure professionali per poter garantire tutte le cure necessarie , ma nonostante i cambiamenti effettuati , fino ad oggi, permane la stessa impronta che il fondatore, Don Nardi, ha voluto dare, e che resta ancora il tratto caratteristico, il valore aggiunto dei servizi OAMI, quello appunto della CASA-FAMIGLIA, del piccolo gruppo .